Una visita alla Cantina Celli
La studentessa Greta Bagnolini, dell’Istituto Alberghiero Pellegrino Artusi di Forlimpopoli, è stata in gita con la sua classe alla Cantina Celli: ecco le sue parole sull’azienda e su quello che hanno imparato sulla produzione di vini di qualità a Bertinoro, Balcone della Romagna.
(Liberatoria rilasciata dai genitori)
In visita alla Cantina Celli abbiamo conosciuto e conversato con Mauro Sirri, colui che insieme ad Emanuele Casadei si occupa di gestire l’azienda agricola. La prima cosa che ci ha spiegato è l’origine del nome Bertinoro, ci ha infatti raccontato che durante una visita nell’entroterra venne fatto assaggiare a Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, del vino in un’umile coppa di terracotta e sentendone la bontà esclamò: “Sei degno di berti in oro”. Ha anche detto che già nel I secolo erano presenti le viti, e questo è dimostrato dal ritrovamento di alcune anfore, ora conservate nel museo di Forlimpopoli.
Il vino comincia dalla vigna e la vite a seconda di dove si pianta e di come la si cura da origine a vini con sapori e profumi diversi. Celli possiede trentacinque ettari di podere diviso in quattro zone: La Massa, Cellaimo, Maestrina e i Campi di Fratta. Visto che la loro è una coltivazione a cielo aperto, il processo di trasformazione dell’uva è molto delicato perché si può incorrere in muffe o altro che potrebbe rovinare l’uva. Per questo si avvalgono di una raccolta a mano, così da controllare meglio la qualità e in breve tempo deve essere portata in pigiatura per conservare e mantenere gli aromi primari dell’uva.
Per i vini rossi si procede poi con la diraspatura, pigiatura e in seguito viene fatta la fermentazione in rosso ad una temperatura di 25°-26°, facendo mantenere il contatto del mosto con le bucce. La fase successiva prevede poi la vinificazione a cappello sommerso in botti d’acciaio enormi che ci ha mostrato.
Per i vini bianchi non c’è il contatto con le bucce, così da non avere un vino corposo o molto tannico, viene quindi pressata l’uva, filtrata e infine avviene la fermentazione a 18°-19°. Ci ha poi spiegato il perché il chicco viene lasciato sostare sui propri lieviti per tre o cinque mesi, questo ha infatti una duplice funzione: quella di favorire lo sviluppo degli aromi nel vino e quella antiossidante.
Siamo poi andati in una stanza con dei macchinari per l’imbottigliamento del vino e ha detto che l’uva vendemmiata nel 2020 è poi imbottigliata nell’aprile 2021. C’era una macchina che lavava le bottiglie e le sterilizzava, veniva tolto l’ossigeno e messo l’azoto, per poi mettere il vino, il tappo e infine l’etichetta, perché come ci ha ricordato anche l’immagine della bottiglia è importante.
La stanza successiva è stata la cantina che conteneva tantissime botti di legno, che al loro interno conservavano vini prodotti solo da vigneti particolari o molto pregiati. I tipi di botti che abbiamo visto erano due: la tradizionale italiana e la barrique. Il primo tipo di solito ospita vini famosi come Brunello di Montalcino o Chianti per il Sangiovese e Barolo, Gattinara o Ghemme per il Nebbiolo. Le barrique sono, invece, botti piccole e provenienti dalla Francia. Negli anni novanta, ci ha spiegato il signor Sirri, si è iniziato a scoprire la produzione di vini italiani ma dovevano essere simili a quelli francesi, mentre ora il vino italiano viene scelto proprio per la sua diversità e particolarità.
Gli obiettivi che si pone oltre a quello di produrre un vino con identità territoriale e quindi riconoscibile, sono anche quelli di produrre un vino sano e a sostenibilità ambientale, così da far star bene sia quando si beve che dopo.
Ha spiegato anche che la vendemmia viene iniziata la terza settimana di agosto e si inizia raccogliendo l’Albana, il Trebbiano, il Cabernet e per ultimo il Pagadebit, vino che serviva a pagare i debiti accumulati e da qui deriva il nome.
Come ultimo posto siamo andati in una sala con dei grandi tavoli in legno per la degustazione dell’Albana Passito Sol Ara; prima di assaggiarne un piccolo sorso, ci ha detto che per la realizzazione di questo vino bisogna disidratare la buccia e far evaporare una parte di acqua per concentrare meglio gli zuccheri e gli aromi, questo porta alla botritizzazione, ovvero fa diventare marrone la buccia dell’uva. Abbiamo poi osservato il bicchiere e ci ha raccontato le caratteristiche principali dell’Albana: il colore giallo dorato, la presenza di zuccheri ma allo stesso tempo di acidità e la leggera presenza di tannini molto insolita nei vini bianchi. Una sua frase che mi è rimasta molto impressa è questa: “L’Albana è un vino rosso travestito di bianco”. Siamo poi andati a mangiare la piadina e siamo rientrati verso le tredici. Penso proprio sia stata una bella gita, interessante e divertente!!!
3^C
Greta Bagnolini